Bisogna
ridurre la divergenza tra America ed Europa
Di
Carlo Pelanda (15-6-2009)
Non ci può
essere un mercato globale funzionante senza
un’architettura politica altrettanto globale che lo tenga in ordine e
bilanciato. Tale architettura non c’è ancora ed è la causa di
fondo della crisi in atto e altre latenti. Il summit dei G8 che si terrà
all’Aquila, in parte dedicato a questo tema, e quello preparatorio tra ministri
economici già fatto a Lecce potranno essere
costruenti?
Dal 1945 la
governance globale è stata ispirata dal domino
dell’America. Semplificando, vuoi che il mondo funzioni e diventi ricco?
Rendilo simile all’America stessa, cioè lascia più
libero possibile il mercato, togli frontiere e riduci al minimo necessario le
regole. Dai primi anni ’90 il mercato internazionale si è ingrandito
accogliendo nuovi attori che hanno deciso di risolvere i problemi di
sottosviluppo aprendosi al commercio globale. Scelta giusta perché in meno di 20 anni la globalizzazione
governata dal criterio americano ha trasformato da poveri in ricchi qualcosa
come 2 miliardi e mezzo di persone. Come? Semplificando, nel libero
mercato globale è stato possibile trasformare la
povertà in fattore competitivo così riducendola. Ma l’aumento
di complessità nel sistema è stato tale da produrre squilibri non più
bilanciati. I Paesi emergenti si sono dati un modello di crescita più via
export che crescita interna e non hanno aperto a
sufficienza i loro mercati. Per tale motivo la ricchezza uscita dalle nazioni
ricche non sta rientrando con la stessa velocità, impoverendole. Ed è un problema. L’altro, collegato, è quello della destabilizzazione finanziaria. Per esempio, la Cina
ha finanziato, drogandola, la crescita statunitense per aumentare il proprio
export comprandone il debito. Un sistema finanziario malregolato, poi, ha
gonfiato oltre misura l’indebitamento privato. Al
primo incidente la bolla è implosa portandosi dietro l’economia mondiale. Questi eventi mostrano sia il bisogno di riequilibrio
dei modelli economici sia un riordinamento del sistema finanziario. Ma i Paesi emergenti non vogliono riequilibrare ed aprire di
più le loro economie per fare più crescita interna anche perché non possono.
Compresi gli europei che per crescere di più
dovrebbero dimezzare tasse e spesa pubblica, immaginate i dissensi. Pertanto i
governi non vogliono mettere in agenda questo tema, cioè
che l’America è ormai troppo piccola per sostenere tutto l’export mondiale e le
nazioni devono adattarsi alla realtà. Per questo nelle agende politiche è rimasto
in priorità solo l’altro tema di governance, cioè la
regolazione del sistema finanziario/bancario. Ma a
Lecce si sono scontrate due diverse soluzioni. Quelle europee, in particolare
la proposta di Tremonti, puntano a ridurre il grado di libertà
del mercato finanziario. Quella americana ed inglese,
punta, invece, ad aggiustamenti solo dei difetti principali del sistema, ma
senza ingabbiarlo. In realtà non c’è stato un confronto diretto sul tema per
l’urgenza di affrontare un’altra questione. E’ ora di chiudere l’azione
anticrisi che aumenta il debito ed il rischio di inflazione
oppure bisogna aspettare che la ripresa sia più solida prima di stringere i
bilanci pubblici, riequilibrandoli? Non c’è stata una posizione comune. Per la Germania
la priorità è la stabilità dei bilanci e della moneta anche a scapito di
crescita ed occupazione, per l’America è l’opposto. La diplomazia ha sfumato i contrasti, ma con la conseguenza di tacere sul
tema e di trasferire a futuri e vaghi summit le proposte di Tremonti di standard
legali globali (Lecce Framework). Significa, in pratica, che la materia verrà delegata all’organismo globale (tecnico) per la
stabilità finanziaria (Fsb), presieduto da Draghi, la cui linea è quella di
impedire gli eccessi nell’industria finanziaria, ma senza ingabbiarla.
Seguendo, in sostanza, la posizione americana. E’ un bene o un male? Certamente
è un bene che si punti solo a riparare il liberalismo economico ed il
capitalismo finanziarizzato che ha funzionato bene, come mai altri nella
storia, per decenni invece di sostituirlo o reprimerlo. Ma è un male che
americani ed europei divergano, temo per eccesso di ideologia
anticapitalistica, in particolare da parte del nostro Tremonti. Ciò prepara uno
scenario dove l’America tratterà con la Cina, in forma di G2, il problema più
importante di governance globale, cioè il riequilibrio dei modelli, e non con
gli europei. Speriamo che nel summit dell’Aquila e nell’incontro con Obama di oggi Berlusconi ci metta una pezza.
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